IL RACCONTO DELLE COSE MAI ACCADUTE

di e con
Roberto Scappin, Paola Vannoni
produzione
quotidianacom, Kronoteatro
con il sostegno di  
Regione Emilia-Romagna
grazie a
Armunia Centro Residenze Artistiche Castiglioncello
ALDES/SPAM! rete per le arti contemporanee progetto Residenze

Il racconto delle cose mai accadute si confronta con la finzione e utilizza il cinema come sorgente di materia.
Ci commuoviamo davanti alla finzione e rimaniamo indifferenti a una tragedia reale,  affettivamente compressi nella civiltà digitale.
Frasi, immagini di film la cui familiarità può produrre un riconoscimento immediato, intrecciati con altrettanti dialoghi e soggetti di altri film fino a comporre una nuova sceneggiatura-partitura.
Ogni film diventa concetto, frammento dialettico, rivoluzione del lieto fine e delle finalità del lieto fine, degli psicologismi da Qui-Quo-Qua.
“Non puoi reggere la verità, allora goditi la finzione, ma che sia reale, così reale da concederti di attraversarla.”
Soggetti che riscrivono la storia delle cose mai accadute nella nostra finzione quotidiana, dove il nostro sguardo ha rinunciato alla grande risorsa di modificare ciò che osserva.
I due protagonisti incarnano simbolicamente due personaggi del nostro immaginario cinematografico e teatrale, Nikita e Cyrano, un incontro improbabile che mette a confronto due epoche, due sensibilità, due sguardi incompatibili tra loro che coincidono e si comprendono nella medesima incapacità di riconoscersi in una società che non accetta il diverso, colui o colei che non si piega al conformismo ipocrita e clientelare:  “Dispiacere mi piace, dell’odio mi diletto. Sei voi sapeste come si incede gagliardi nel fuoco di fila dei malevoli sguardi.”

 

SINTONIA DI LINGUAGGI


Perché in questa creazione ci riferiamo e utilizziamo il cinema in una delle sue componenti che è la sceneggiatura? (ma non solo).  
“Perché il cinema è in un certo senso la resurrezione del reale”, perché l’emozione che vogliamo suscitare è critica, un appello all’intelligenza.

La nostra vocazione spontanea è rifuggire dal tragico, rivendicando il patetico ma soprattutto il comico e ancora di più il ridicolo, consapevoli che non si deve essere schiavi delle proprie regole, non accettando le certezze stabilite, quelle in cui ci si sofferma con la coscienza di essere nel giusto, ma abbandonandoci all’incoscienza del non conforme.
In rotta di collisione con le dinamiche logiche con cui maneggiamo i discorsi più mostruosamente ‘normali’.

Il cinema dunque, dove tutto è possibile: non pagare alla cassa, amare un cammello, avere slanci rivoluzionari, dissentire senza discordia, coltivare banane, donare alla comunità, essere in stato di grazia; il cinema, dove si vive nella finzione, nella libertà di ribaltare e reinventare inaspettate prospettive nel labirinto della realtà.