Il racconto delle cose mai accadute

QUOTIDIANACOM E IL RACCONTO DELLE COSE MAI ACCADUTE.
DEBUTTO IN BIENNALE
Nata nell’ormai lontano 2003, la coppia riminese quotidianacom ha conquistato quest’estate il palco della Biennale Teatro 2019 portando alcuni episodi della propria ricerca artistica. Attraversando un decennio, che va da “Sembra ma non soffro” del 2010, passando per “L’anarchico non è fotogenico” del 2014, arriviamo al debutto de “Il racconto delle cose mai accadute”.
La scelta antologica permette al pubblico di mettere a fuoco l’inconfondibile cifra stilistica della compagnia; il lavoro di scavo nel linguaggio, la ricerca di una recitazione tutta in sottrazione, sussurrata, il tentativo di riabilitare l’inutile e il politicamente scorretto sono i tre pilastri che sorreggono la drammaturgia di quotidiana.com.
Con le sottili variabili che ogni volta differenziano le pièce, Roberto Scappin e Paola Vannonimettono a punto un dispositivo retorico. Più che lavorare su una narrazione convenzionalmente intesa, insistono su una anti-narratività, abbozzando dialoghi che si auto-generano e proliferano per consonanze con parole della battuta precedente, in un flusso verboso che spoglia tabù e pose perbeniste della società.
I toni sommessi, i bisbigli – come ci se fossero solo loro e nessun altro – i movimenti quasi assenti a favore di una fissità antinaturalistica diventano piccole azioni di resistenza; come i guerrieri si dipingono sul volto segni tribali, quotidiana.com si adombra di un sottile cinismo e affronta la guerra contro l’insensatezza del mondo. “Affrontare la propria inutilità rivela possibilità inattese”, affermano gli artisti. Ed è proprio ciò che fanno.
Questo tratto è particolarmente evidente in “Sembra ma non soffro”.
Su una piattaforma bianchissima, due inginocchiatoi, bianchi anch’essi. La geniale – ed economica – scelta delle luci dà il suo contributo non indifferente alla creazione di questa atmosfera allucinata: dei semplicissimi neon, nascosti in porta lampade da magazzino, sono appoggiati a terra, lungo il perimetro della scena, illuminando dal basso i due.
L’incipit non può venire che dal tema religioso, perché i riferimenti sono troppi: inginocchiatoi, visi cupi, sussurri. Ma la religione non viene messa alla berlina, né fatta strumento di facile ironia. È solo uno dei tanti modi per infilarsi in quegli interstizi del pensiero e della logica che vengono passati per convenzioni, e che quotidiana.com cerca di far franare. Così, l’elenco di assurdità dell’uomo contemporaneo procede, in un dialogo che zampilla, senza alcuna pretesa narrativa.
Vizi, malattia, religione, identità, adolescenza, anzianità sono tutti temi guardati da una prospettiva originale, che riesce ad aprire nuovi sguardi oltre l’ironia dissacrante. Una frase su tutte: “Perché devo invecchiare per poi farmi lavare da qualcuno? Quando qualcuno non è più in grado di lavarsi il sedere dovrebbe poter morire in pace”.
Le voci sono al limite dell’udibile e sembra impossibile reggere l’attenzione per il resto dell’ora. Ma il duo, soprattutto Vannoni, ha un’energia fortissima e una perizia chirurgica in ogni singolo battito di ciglia, per cui il pubblico resta calamitato.
Il neonato “Racconto delle cose mai accadute” presenta lo stesso dispositivo, lo stesso respiro, gli stessi tempi. Ma queste caratteristiche vengono lasciate libere all’interno di una cornice più definita. La pièce vede il confronto tra i generi.
Dopo un iniziale siparietto che racconta la storiografia dei generi teatrali con la sola mimica di una mano che trapela da una quinta, si scontrano i grandi capisaldi della nostra cultura: il cinema, sintetizzato nel personaggio di Nikita, e il teatro, riassunto da Cirano.
La rappresentazione, cinematografica o teatrale che sia, viene presentata come il grande pericolo del nostro tempo, in cui il reale perde di interesse, ipnotizzati come siamo dalla finzione. Il binomio realtà/finzione viene portato agli estremi e diventa il luogo di analisi dei parossismi della società e delle frustrazioni che il capitalismo ci ha insidiato sotto la pelle. Bisogna sempre essere o diventare qualcuno, nei tempi e nei modi considerati corretti, bisogna produrre, essere dei grandi; occorrono così tante cose per essere riconosciuti e accettati come individui, che finiamo col trasformarci in automi, e l’unica realtà cui possiamo assistere è quella del cinema e del teatro.

La lettura dello spettacolo arriva a scoppio ritardato. I toni monocordi e bassi qui spesso disturbano la comprensione del testo e, tenuti per moduli più lunghi e ripetitivi, perdono la potenza che di solito li caratterizza, sembrando ripiegarsi sull’autoreferenziale. Il difficile accesso al testo lascia perplessi a conclusione del lavoro, che risulta un po’ soporifero. Tuttavia, a ben vedere, questa vocalità scomoda e questo ritmo incessante sono aderenti al tema trattato e lo incarnano, riuscendo a riprodurre quella frenesia di produrre, affermarsi, fare anche senza sapere cosa si stia facendo, quella modalità tutta capitalista, insomma, di portarci ad un torpore che offusca il nostro sguardo, facendoci dimenticare come ci si potrebbe meravigliare per le piccole cose – che, infatti, non accadono più.

 

(Luca Sant’Ambrogioklpteatro.it, 10 settembre 2019)

[…] Nel Racconto delle cose mai accadute, i quotidianacom riflettono sul rapporto fra realtà e finzione nell’era digitale e lo fanno prendendo ispirazione proprio dal cinema.
Ritroviamo così in scena Paola Vannoni e Roberto Scappin in un improbabile dialogo, spesso sussurrato con un filo di voce, quasi senza intenzione, fra Cyrano e Nikita, due ribelli a loro modo, due diversi, due visioni del mondo opposte e complementari che si ritrovano sul palco in un incontro fatto di (non) situazioni: battute lasciate a macerare nella mente degli spettatori, saette di sarcasmo pungente o dolore desolante.
Si riconosce, quasi come un marchio di fabbrica, il consueto lavoro approfondito sulla parola scenica e sul suo incastro con un movimento mai scontato o banale, anche se stavolta forse si nota qualche incertezza drammaturgica che si riflette sul ritmo un po’ statico dello spettacolo. […]

 

(Sarah Curati, Paperstreet.it, 8 settembre 2019)

VISTO AL FESTIVAL TERRENI CREATIVI AGOSTO 2019

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[…] Nomen omen: mentre molti artisti urlano ed enfatizzano la propria presenza in scena, con opportuno ed efficace “fuori moda” i Quotidiana.com anche nel nuovissimo Il racconto delle cose mai accadute rilanciano un parlare sommesso, sfumato, non appariscente. Accorta composizione ritmica di consistenze vocali e minimali partite fisiche, lo spettacolo dà forma al consueto intreccio dei monologhi interiori delle due maschere (etimologicamente, dunque, persone) in scena, in questo caso evocanti altrettante Figure note ai più, Cyrano e Nikita.
Una ridda di ironiche citazioni anche cinematografiche e sfumati doppi sensi concorre a creare, in una partitura intrisa di controtempi e sincopi eseguiti con precisa asciuttezza, «un delicato equilibrio tra sarcasmo e pathos». Com’è giusto che sia, l’arte serve anche a scompaginare il già noto: ciò che è consolidato. […]

 

(Michele Pascarella, gagarin-magazine.it, agosto 2019)

[…] Più che un teatro surreale, quello di Quotidiana.com è qui un vero e proprio teatro della mente, proprio nel senso che il luogo della rappresentazione, il teatro appunto, è la mente stessa di cui i personaggi sono la proiezione, anche nel suo significato psico-analitico, attraverso la quale il ricordo come percezione del sé si rappresenta e invera tridimensionalmente.
Lo sguardo verso l’esterno diventa così mera occasione per intercettare suggestioni, o meglio raffigurazioni che la vita e la storia predispone e che noi utilizziamo e consumiamo per costruire identità e relazioni.
Cyrano e Nikita sono dunque frammenti dispersi che si organizzano nella memoria per costruire, nella contrapposizione e nella contraddizione, l’identità estetica che percepiamo di noi. […]

 

(Maria Dolores Pesce, Dramma.it – agosto 2019)