I GRECI, GENTE SERIA! COME I DANZATORI

Festival Primavera dei Teatri | Castrovillari

 

I corpi e le città fantasma

 

Nel mio racconto inizio dai Quotidianacom. Hanno portato nella città sotto il Pollino la versione completa di I greci sono gente seria! Come i danzatori, che nella forma di studio di venti minuti nello scorso dicembre aveva vinto il premio “Tuttoteatro Dante Cappelletti”. In scena come sempre Paola Vannoni e Roberto Scappin intessono un fitto, caustico intreccio di pensieri che si esplicano in architetture di pungenti ragionamenti, in insidie retoriche che scavano dietro cliché, apparenze, finzioni del quotidiano fraseggiare.

Questa volta però c’è qualcosa di più, nel loro procedere come in un grido wittgesteiniano rivolto alla nostra epoca che riempie di fiati inutili nient’altro che la comune opinione ovvero ciò che non si conosce e che perciò sarebbe opportuno tacere.
Questa volta i due oltre a sfidarsi al fioretto (o alla sciabola, o alla mannaia) con icastici dialoghi ricamati sul nostro niente, tirano in ballo i corpi con passi di danza.
Sono elementari figure, accenni, tentativi, piccole parodie di movimenti di balletto, di slanci, di accelerazioni, oppure silenzi in cui movimento è l’immobilità del corpo e lo spazio di vuoto che chiede alla nostra vorace voglia di spettacolo.

L’azione fisica diventa riposo della mente, subito insidiato dal commento corrosivo, in una riflessione col sorriso tirato su corpo e idee, su relazioni e fughe tra corpo, vita e lavorio del pensiero, tra vita concreta e pensiero. Per accumulo, aggiunta, variazione, distrazione si crea una struttura discorsiva fatta di movimenti corporei
e dichiarazioni apodittiche, sempre in bilico tra convenzione e derisone di stereotipi.

E così i due combattono, tra di loro, tra urgenza della passione intellettuale e il lasciarsi andare, con metodo, alla felicità, alla rabbia, ai sentimenti, alle levità incarnati dai corpi nella danza. Tra sbuffi di macchina del fumo che ci fanno chiedere, come sempre, se il loro sia tutto uno sberleffo alle nostre ansie di catalogazione, alle paure di liberazione, o se sia una messa in scena del nostro stesso essere di fumo. […]

 

(Massimo Marino, doppiozero.com, 9 giugno 2023)

Quattro minuti di silenzio, le braccia immobili e tese in avanti: “stavo pensando”, dice infine Roberto Scappin, sussurrando. Un’immobilità energica che racconta la fatica del pensiero senza prenderla sul serio: è la sintesi estrema dell’ultimo lavoro dei Quotidianacom, che debutta a Primavera dei Teatri dopo aver vinto il Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche “Dante Cappelletti” 2022.

La cifra del duo romagnolo è sempre riconoscibile: arguta abilità di un dire flemmatico che trasfigura la densità del pensiero in leggerezza devastante.
Qui il corpo, impegnato in una coreografia esistenziale a velocità 0.20x, gareggia con la parola; mentre questa rimbalza tra Scappin e Paola Vannoni, consueta altalena ironica e amara, i corpi si allineano in una danza sincrona, dapprima accennata, poi sempre più rigorosa. La mente pensa e il corpo danza, o succede il contrario? Non ci si raccapezza.

Allora serve rifarsi ai Greci, gente seria, come recita l’adagio del filosofo virale.
Non trascurare più il rapporto tra vita intellettuale e dimensione corporea, porvi rimedio, significa scoprire che anche le fibre muscolari sono capaci di astrazione e possono ottenere ciò che la parola non può raggiungere.
La mente però non perde il suo piedistallo: tramite la parola, abracadabra che crea, può agire sul corpo (“se uno mi dice cretino vado in vasodilatazione”).
Il doppiofondo di questo teatro sta tutto nei contrasti che ne sono l’ossatura: la perizia mascherata da gesto goffo, l’ironia celata dietro i volti neutri e un po’ contriti dei due, la voluta fiacchezza della loro presenza in stridente contrasto con il moto continuo dei corpi.

Persino il contesto teatrale e la dimensione scenica sono smascherati, dichiarati strumenti utili a una (non) rassegnata curiosità per l’umano. E allora mettiamoci il fumo in chiusura, un pezzo dei Placebo a tutto volume e inventiamoci una fine amara e potente, ché fortunatamente, come i Greci, sappiamo di esser mortali.

 

(Sabrina Fasanella Teatroecritica.net, 18 giugno 2023 )

Primavera dei Teatri – O del demone della parola

[…] Sembrerebbe che questo bisogno di certezze antiche, questo rimestare nei ricordi di intere generazioni, non lasci spazio alla tridimensionalità della parola teatrale, alle sue molteplici possibilità sceniche. Non vuole essere simbolo, ma dichiaratamente mezzo. Non accetta trasfigurazioni, non vuole caricarsi di mistero. Eppure è lì che rifulge, è quello il momento in cui si àncora al luogo teatrale, ne trae potenza, in qualche modo compie se stessa: come quando collabora e bisticcia, pacata, con i corpi in perenne danza dei quotidianacom […]

 

(Sabrina Fasanella, Teatroecritica.net, 18 giugno 2023)

Aperta nel segno della poesia la Primavera dei teatri

 

[…] Ma nel segno della poesia vivono anche altri spettacoli e qui segnaliamo in particolare ”I Greci, gente seria! Come i danzatori” di e con Roberto Scappin e Paola Vannoni e ”La sindrome delle formiche” di Daniele Aureli (che firma la regia con Massimiliano Burini) e con Ciro Masella e Giulia Zeetti.

Una poesia che è nella levità, l’allusività, le incertezze esistenziali, i timori e le speranze, più che i desideri, del testo e di una danza di coppia che nel primo vede proprio accennare qualche passo, come un tentativo di leggerezza e lasciarsi andare, mentre nel secondo è nel rapporto e i movimenti dei due all’interno di una stanza.
Sono due coppie simili e molto diverse, simili nell’impaccio esistenziale e nell’essere fuori del tempo e dello spazio, specie la prima, che gioca con le loro imperfezioni, col ”non raccapezzarsi” e con quella che dichiarano ”la fatica di mostrare i pensieri”.

Cosa che però riescono a fare usando il corpo con leggerezza e eleganza, e così le parole, le battute che hanno in trasparenza una loro senso potremmo dire filosofico e metateatrale in quell’insistere nell’aver ”trascurato il rapporto del corpo con la mente” con ironica impassibilità che diventa malinconica comicità, visto che ”Il corpo serve per ottenere quel che verbalmente non si otterrebbe” e come ogni artista dicono: ”ambisco alla cattedrale e continuo a spaccare le pietre”.

I due saranno tra l’altro al Festival di Castiglioncello il 5 luglio. […]

 

(Paolo Petroni, ansa.it, 3 giugno 2023)

Castrovillari Festival. Il teatro fiorisce in Primavera.

 

[…] La “Primavera dei teatri” è stata anche danza naturalmente ed ha ospitato tre realtà italiane da seguire con attenzione, al di là delle singole prove.

La prima, dando la precedenza al richiamo classico, a quanto pare di moda pure tra i danzatori, è Quotidianacom, mini compagnia familiare di Roberto Scappin e Paola Vannoni che con “I Greci, gente seria! Come i danzatori”- insignito lo scorso anno del Premio Dante Cappelletti di Tuttoteatro.com – ha messo in pista una coreografia di passi minimi ed essenziali, quasi un pre riscaldamento.

Movimenti al limite della no danza accompagnata da un insieme di considerazioni surreali e interrogativi sul rapporto danza, corpo e filosofia. Il tutto porto con pungente ironia fatta di dialoghi e di no sense che incuriosiscono e divertono.
I movimenti e le parole dei due danzatori sembrano paradossalmente quelli di una stralunata coppia Laurel-Hardy che da un momento all’altro potrebbe suscitare una risata. Chiusura energica e inattesa con “The Bitter End” dei Placebo. Più trasgressivo di così… […]

 

(Walter Porcedda, Gli Stati Generali, 11 giugno 2023)

Festival Inequilibrio | Castiglioncello

 

Inequilibrio Festival: una serata tra i greci

 

Parto dai Quotidiana, seguiti dal 2009 con crescente convincimentoI Greci, gente seria, come i danzatori è il titolo del lavoro. Succede questo, quando vedi gli stessi attori per oltre dieci anni calcare il palcoscenico con i loro corpi e le loro parole resistenti: si crea una sola lunga storia senza trama e senza personaggi, dove risalta infine un particolare stato della coscienza e dove questa – che dopo tanto ancora attinge – trova temporanea dimora.
Allora un fremito d’occhi o una contrazione di labbra, un silenzio scultoreo, un gesto quotidiano, un balzo di ballo, rispondono a una simpatia stabilita per sempre, a un assoluto personale, contro ogni avversità e ogni fastidio. Così è accaduto anche in questo nuovo lavoro di Roberto Scappin e Paola Vannoni vincitore del Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche “Dante Cappelletti” 2022.

I due attori portano la novità del ballo a spasso per tutto il palco e questo sorprende da parte di chi ha messo l’attore a prova di quasi assoluta stasi; qui si balla alla Gene Kelly a perdifiato, sul crinale tra farsa e performance danzante; l’ansimo di Scappin conferisce pathos al pathos, mentre la compagna è più contenuta, si muove leggiadra, scanzonata in sincronico accordo con la controparte. Soli nelle loro moltitudini, sovresposti a luci calde e potenti, al cospetto di un lampadario che si fa sismografo e due bottiglie d’acqua simbolo di trasparenza, nella musica e nel ritmo di un dialogare per frammenti, senza melodie, in un allegro-ma non troppo-andante concerto per parola e ansimi; i due ballano in progressione di intensità, ma questa danza è la punteggiatura, è il margine letterario della parola che vola, balla e traballa a sua volta, che respira, sospira e spira prima di un altro guizzo impertinente.

Ormai famosi (e fumosi vedremo) gli afflati languidi di Roberto Scappin verso la consorte che fedele a una felina femminilità, non cede mai a piena condiscendenza. Ferina e leggera, pare a suo agio nella selva intricata dei loro incontri sul palco e nell’empireo dei pensieri.
Gli interrogativi, gli aforismi, le boutade, ma anche i paradossi, gli aneddoti, gli assurdi innesti biogenetici fino alla tessitura di teorie vegetali e animali, s’intrecciano al quotidiano sovra-umano del duo, velati da modulazioni timbriche che danno il tenore della disillusione ma anche della durata di quegli inesausti sipari.

Passano in rassegna calzini gialli, arti sincroni e sbilanciamenti d’addome; bocche tese e occhi sgranati, muscoli taurini e tendini da cerva; terremoti dall’alto e mele porte a un pubblico che laddove inesperto è già smarrito dentro un viaggio agnostico che dai sapienti greci giunge ai metalli algidi dei Placebo, in un finale tripudio fumogeno che mentre tutto copre, disvela impeti mai sopiti, promette altre danze in forma interrogativa o esclamativa.

L’ontologia, il potere, lo stato di natura e la natura del nostro stato (di cose), la sollecitazione al pensiero a colpi di rapsodiche scariche di humor, le profezie degli avi e di tutto ciò fare un gioco sì, ma rigoroso: di questa materia striata sono fatti gli inafferrabili Quotidiana. Il gioco si fa serio, lambisce il maniacale, quel giocar arguto che smaschera, che dai greci ad oggi è valso a salvarci dalla pazzia e dallo smarrimento mortale.

 

(Michele Montanari, Gli Stati Generali, 9 luglio 2023)